ViVi Tutte le madri

by ViVi

 

LocandinaLa Madre è una creatura, ma anche un ruolo, che ha molti aspetti nella storia della cultura occidentale; gli antichi romani distinguevano tra mater come «madre naturale» e mater come «matrona», madre era anche la città natale, ed era sinonimo di fonte e di radice. Pedro Almodòvar non è certo un regista che presta attenzione filologica all'etimologia dei titoli dei suoi film, né azzardo un'ipotesi di Almodovar latinista, tuttavia, a buon conto, il suo ultimo (e applauditissimo…) lavoro, Tutto su mia madre, è un film che come pochi altri nella storia ha descritto e dilatato questo concetto (tra i più universali che si conoscano). Con lo stile un poco surreale (a dire il vero, sempre meno evidente nei suoi ultimi film) che gli riconosciamo, utilizzando una serie notevolmente vasta di registri narrativi, dal comico al drammatico, ma, soprattutto, dal tragicomico al "tragicosmico", Almodòvar ci racconta una storia di solidarietà femminile, sullo sfondo di una Barcellona coloratissima (soprattutto di rosso, il colore della passione che il regista identifica con la figura della madre) e ariosa, vasta, accogliente (il ventre della città-madre..?). La trama del film ruota intorno alla figura di ManuelaManuela, un giovane chirurgo di Madrid che decide di tornare a Barcellona, la città che aveva lasciato vent'anni prima, per cercare il suo ex marito, ora un travestito, coll'intenzione di rivelargli l'esistenza di Esteban, loro figlio, disgraziatamente morto in un incidente stradale. "Lola", questo il nuovo nome del padre, è scomparso da tempo dalla città, e Manuela si trova inaspettatamente al centro di piccoli e grandi drammi quotidiani altrui che la costringono a ripercorrere la propria giovinezza, quando decise di accettare la nuova sessualità del marito per paura di restare sola, fino a quando rimase incinta, e scappò, senza dire niente a nessuno, a Madrid; l'enorme sofferenza che Manuela prova per la precoce scomparsa del figlio le permette di simpatizzare subito per tutte le sofferenze che le si pongono di fronte, e pare essere in grado di aiutare tutti senza che nessuno aiuti lei; la sua generosità di madre oltrepassa i confini "naturali" e assume dimensioni quasi mistiche: aiuta una famosa attrice spagnola (molto amata dal figlio) a superare una dilaniante passione per una giovane attrice eroinomane, Nina, che interpreta con lei «Un tram chiamato desiderio», pièce teatrale che accompagna tutto il film in un sottile gioco di rimandi e citazioni; aiuta una giovanissimaEsteban e sua madre suora a portare a termine una gravidanza indesiderata, anche dopo aver scoperto che il padre è proprio Lola, che dalla suora aveva chiesto aiuto per disintossicarsi; toglie dalla strada AgradoAgrado (personaggio splendido, un perdente che mi pare sia il più vicino alla sensibilità del regista, forse, addirittura, un suo alter-ego), un travestito amico di Manuela e Lola dai tempi del loro viaggio a Parigi (città dove i due uomini cambiarono sessualità). In tutte queste avventure, nate anche dall'esigenza per Manuela di "inseguire" le tracce e le aspirazioni descritte nel taccuino di Esteban, dove il giovane aspirante scrittore aveva iniziato un racconto sulla madre ("Tutto su mia madre", appunto), la protagonista ritrova la felicità di essere madre e, si può dire, "adotta" queste tre donne, la giovane suora, l'attrice e Agrado (che donna non è, certo, ma è anch'essa "madre") riuscendo a salvarle dall'autoannientamento. Almodòvar tesse una trama molto complicata che solo con l'apparizione finale di Lola, ormai malato, trova un suo senso e pure una "morale": - si è più autentici più ci si avvicina a ciò che si vorrebbe essere -, una sentenza da non confondere con il "non sognatelo, siatelo" del Rocky Horror, perché assai più profonda, e legata, forse, alla stessa sessualità del regista. A mio parere, Almodòvar cerca di rappresentare una serie di topoi umani che non troverebbero mai spazio in una qualunque sceneggiatura d'oltreoceano, una prova molto difficile che supera brillantemente: in questo, Tutto su mia madre è senza dubbio uno dei film più "autenticamente" (nel senso già descritto) antiborghese che abbia mai visto; la distanza tra Almodòvar e Buñuel dopo questo lavoro si è di molto accorciata.

Giudizio: MereghettoMereghettoMereghetto

 

I lettori di CInesperienzA hanno detto del film (o della recensione):

"Nulla da dire, se non che Almodovar è il mio regista preferito e questo è un film che amo in modo particolare."

Max

 



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