TITOLOROMA
by Dome
Il cinema di Fellini ha sempre avuto Roma come protagonista piuttosto che come sfondo e ambiente. La ragione di questa identificazione del regista con Roma va ricercata in quello che chiamerò per comodità l'esotismo di Fellini, ossia la localizzazione storico-sensuale della sua weltanschaung nella cosiddetta città eterna. E' accaduto insomma a Fellini con Roma un po' quello che è accaduto a Flaubert con Cartagine o ad Allen con New York, la Roma di Fellini non è una città immaginaria ma, riveduta e costruita da una fantasia barocca e corposa, finisce per sfogare un certo sentimento della vita e proiettare una determinata visione del mondo. A riprova di questo basti vedere come diventa sobrio e delicato quando parla della natia Romagna. Ma qual è poi questa visione del mondo che anima l'esotica Roma di Fellini?
E' la visione propria di un'accettazione compiaciuta e non moralistica della corruzione come dato, in fondo,"astorico", tra biologico e religioso. Nella Roma felliniana tutto probabilmente è stato meglio prima di essere peggio; i "mostri" di ambo i sessi sono stati, chissà quando, gentili e graziosi adolescenti, le puttane esibizioniste vergini ritrose, la Chiesa vuota e tutta di facciata istituzione santa e potente, la stessa Roma d'oggi, così caotica e volgare, sede di società raffinata e spirituale. Questa corruzione non è però una condizione storica: essa viene collocata fuori dalla storia nella zona inerte ed immobile della rappresentazione, è un oggetto estetico. Donde il compiacimento del mostruoso, del laido e del triviale, nel quale il disfacimento dei tessuti sociali provoca deformazioni e colorazioni affascinanti.
Detto questo, bisogna tuttavia aggiungere che la rinuncia alle situazioni e ai personaggi e l'adozione del modulo documentaristico, sono un atto di onestà e al tempo stesso un atteggiamento prudente . In compenso, però, proprio perchè consapevole dei pericoli della rinuncia a narrare, Fellini sembra aver messo nei diversi episodi di cui è composto il film un impegno violento e rabbioso. Diciamo subito che Fellini, nella sequenza della corsa sotto la pioggia in autostrada dimostra di essere, quando vuole, un regista direttamente moderno, senza alcuna mediazione estetizzante e sentimentale. In altri tre episodi, poi, quello del pranzo all'osteria, quello dei bordelli e quello del teatro di varietà, emerge il Fellini espressionista, caricaturale e grottesco, lo stesso che due anni dopo partorirà utilizzando questi toni e accenti il capolavoro di Amarcord.
Infine ci sarebbe da parlare dell'episodio più ambizioso nel quale, secondo me, sta la chiave di lettura del film, quello dell'immaginaria sfilata dei "modelli" cattolici in casa della principessa bigotta. Fellini con questa sfilata ci dice, tra il serio e il faceto, che la Chiesa è ormai nient'altro che cerimonia e addobbo, senza più alcun contenuto etico e morale. La corruzione spiega il vuoto della Chiesa, a sua volta il vuoto della Chiesa ne spiega la corruzione.
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