Kill Tarantino

di Marco Viviani

     Ricordo ancora, strano a dirsi, la scena del film "Il secondo tragico Fantozzi" in cui il ragioniere più sfigato d'Italia - ormai colmo degli insopportabili cineforum aziendali - prorompe nella più celebre delle blasfemie catartiche che di tanto in tanto anche i più accaniti cinefìli, tra i quali Villaggio non è comunque annoverato, sentono l'esigenza di liberare: "La "Corazzata Potëmkin" è una boiata pazzesca". Applausi scroscianti, e liberatori. Purtroppo il poco autorevole parere ha avuto fortuna, tanto che mi è capitato in più di un'occasione di sentirmi rispondere da qualche pseudo-amante del cinema che la Corazzata l'aveva visto, ma non sino alla fine: sai com'è, dice lui, è un vero mattone, troppo lungo. Pesante. Naturalmente da queste affermazioni capisco subito che si tratta di una posa, non autentica, disonesta. Difatti "La Corazzata Potëmkin" - si tratta di un film incredibile, dove non ci si annoia affatto - dura meno di un'ora.
     Taluni ignorano, non pensano neppure lontanamente quanto potesse costare la pellicola negli anni venti.
     Oggi, però, i prodigi del marketing riescono dove neppure le passioni più sfrenate, o i temibili cineforum aziendali, erano mai arrivati: costringere milioni di giovani dal ventre molle a stare seduti per un considerevole numero di ore sentendosi perdipiù assolutamente fichi.
Sullo schermo una trilogia basata su alcuni voluminosi tomi scritti da un professore di Filologia Romanza, oppure, e qui arriviamo al punto, ai due capitoli di un'opera che invece di originare dal successo di un testo scritto ha la pretesa di scimmiottarlo: "Kill Bill vol.1+vol.2" di Quentin Tarantino.
     Nella speranza che il sortilegio operi ancora, e stavolta a ragion veduta, dirò subito che si tratta di una boiata pazzesca. Ma io non sono Fantozzi, perciò è il caso provi ad argomentare questo mio parere.
     I 210 minuti usciti dalle 200 pagine di sceneggiatura, tutti imperterriti a spiegarci quello che sappiamo già, cioè che il cinema ha un tempo interno che è quello della tragedia, vale a dire "morte al lavoro" secondo l'abusata citazione da Cocteau, funzionano solo se accettiamo preventivamente il gioco. Niente di male, ovvio, ma le sensazioni di spettatore (mai sottovalutare le appercezioni, le sensazioni di esistenza che rompono la sospensione dell'incredulità) mi parlano chiaro: nemmeno per un secondo, un solo secondo, ho "creduto" a quello che vedevo. Stavo troppo concentrato a cogliere la citazione, l'ennesima citazione della citazione della citazione che sta diventando l'unica cifra stilistica di Tarantino. Potremmo scomodare il solito post-moderno, ma in realtà è solo il tradimento dei chierici.
     Non posso, non voglio negoziare la mia passione culturale, è semplice: i neofiti trash, i compiaciuti neobarbari, per quanto mi riguarda, non valgono un capello del classico, dell'"eccellente perché difficile" (Spinoza). Non m'importa niente se c'è gente che va in delirio perché l'establishment ha decretato la fine della dicotomia alto/basso - in funzione perlopiù commerciale, caramella rivestita di una falsa glassa sovversiva: per me resta di una validità e chiarezza accecante il fatto che Chen Kaige, Ozu e Kurosawa hanno fatto cinema mentre i film di kung-fu, chiunque li abbia fatti, sono scemenze.



     Per questa ragione mi riesce davvero difficile esaltarmi per un'operazione come quella di "Kill Bill", un film che, a distanza di un paio di settimane, ricordo a malapena; anzi ricordo una sola frase, che aveva tutta l'aria di essere topica: quella in cui Carradine - dopo aver iniettato un siero della verità alla sposa vendicativa Thurman - si esercita in un'imbarazzante parallelo tra la Vita reale e i fumetti arrivando alla conclusione paradigmatica che "Clark Kent è la critica all'Umanità di Superman". Ho trattenuto a stento le risate. Ragazzi, va bene tutto, ma noi abbiamo avuto Oreste del Buono e "Linus" e Umberto Eco col suo "Apocalittici e integrati", che al supereroe dedicò un capitolo formidabile. Se proprio devo spendere 15 euro…non c'è neanche da dubitare un attimo.



     La verità è che ci stiamo abituando a bere di tutto. È la bulimia, non l'anoressia, il male del nostro tempo. Mandiamo giù qualunque cosa, meglio se predigerita, e se qualche ammuffito re-censore osa mettere in piedi una dieta/canone gli si scaglia contro e con violenza l'inalienabile diritto, essenzialmente democratico, di cibarsi di porcate. Non a caso la Nazione tanto vanitosa da pretendere di esportare la sua propria democrazia è anche quella degli hamburger. Obesità è consumo acritico che si fa carne. E ha bisogno di una bocca larga, e di un grosso buco del culo.
     Io, però, dell'ingoiare e farmelo mettere nel sedere non ho particolare talento, né passione.
     Per questo motivo ho accolto con una certa tristezza nel cuore la visione del film di Tarantino, furbescamente diviso in due parti per raccogliere un mucchio di denaro. Basti pensare che la prima parte è così poco scritta e di appendice alla seconda che Tarantino si è persino inventato un inserto manga (peraltro di notevolissima fattura) di troppi minuti dove racconta in flash back il profilo della giapponese "sandalo di…[ora non ricordo ma chissenefrega]" prima di entrare con la prolungata sequenza del massacro ammozza-gambe e braccia. "Kill Bill vol.1" è materiale dal quale avrebbe potuto benissimo ricavare un buon veloce antefatto, un primo tempo serrato da 60 minuti prima dell'ora abbondante del secondo tempo. Ne sarebbe uscito un film di 130/140 minuti, ma, ahinoi!, i direttori commerciali della Produzione avevano letto sull'ultimo manuale zen di Hollywood che così non si fa: meglio tagliare oppure andar giù di sequel.

     Tarantino, indispettito per la maternità vera della Thurman e indeciso perché poco abituato a queste dolorose scelte di mercato, o almeno così vuole che si pensi di lui, è rimasto a metà.
     E ci ha proposto il primo "film e mezzo" della storia del cinema.
     Sia chiaro, il film e mezzo non è esente da momenti pirotecnici, dove vien fuori il talento smisurato del regista: se avessi avuto la metà degli anni che ho, cioè 14, sarei uscito dal cinema pensando solo a come comprarmi una katana. Ripeto, non c'è nulla di male, ma il problema è che "Kill Bill" non è stato girato da Tarantino: piuttosto dai suoi fans. È esattamente il film che tutti si sarebbero aspettati da lui, fin dai tempi delle "Iene". Una buona ragione perché rinunciasse a farlo, dal mio punto di vista.
     Che poi nessuno tra i giornalisti si sia ricordato che "Kill Bill" è praticamente la trama, appena sviluppata, della stramba puntata pilota "Forza Volpe 5" che Mia racconta a Vincent Vega in "Pulp Fiction", è davvero sconfortante. Mi sembra curioso che Tarantino abbia sviluppato un'idea da una finta sceneggiatura-nella-sceneggiatura del suo film più noto. Partiamo dall'assunto che là si raccontava che quella puntata pilota "non è diventata niente" (Samuel L. Jackson). Come a dire: "Io vi porterò due volte nei cinema a vedere un fumettone di serie b da tivù via cavo e vi piacerà anche". Perché mi chiamo Tarantino, e sono un genio. L'esito di questa operazione, mi si perdoni il termine, paraculata è un film - intendo "Kill Bill vol.2" ché il primo per me non esiste - in cui mancano da morire gli incastri di "Pulp Fiction", il ritmo scespiriano delle "Iene", lo strepitoso omaggio alla BlackXploitation di "Jackie Brown", e di tutti e tre la capacità, indispensabile per un regista che vuole citare, di "sdrammatizzare". Ho avuto la brutta sensazione di essere stato catapultato in un Ur-Mondo dove gli assassini sono davvero esseri di superiore intelligenza, il cui eventuale ritiro è miserabile (vedi quello rintanato nella roulotte nel deserto, buttafuori in un locale perennemente vuoto) o condannabile fisicamente, sessualmente (la giapponesina che si fa la cheerleader pazza, l'altra che perde l'unico occhio buono).
     Si salva solo la maternità: la prima vittima di Beatrix Kiddo muore ma il regista lascia simbolicamente alla ammutolita figlia di sei anni il compito di vendicarsi in un lontano futuro (oh mio Dio! "Kill Bill vol.3"?!?), e la protagonista stessa completa la vendetta in un atmosfera da recita in famiglia.
     Bella questa: ci mancava solo il pulp "neocoons".
     Beh, caro Tarantino, parafrasando Woody Allen (che è senz'altro più genio di te) quando dice "Vado dallo psicanalista da 15 anni: gli do un altro anno, poi vado a Lourdes", io ti do un altro film.
     Poi mi compro una katana.


M. V.

 

 



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