Ricordo ancora, strano a dirsi, la scena
del film "Il secondo tragico Fantozzi" in cui il ragioniere
più sfigato d'Italia - ormai colmo degli insopportabili cineforum
aziendali - prorompe nella più celebre delle blasfemie catartiche
che di tanto in tanto anche i più accaniti cinefìli, tra
i quali Villaggio non è comunque annoverato, sentono l'esigenza
di liberare: "La "Corazzata Potëmkin" è una
boiata pazzesca". Applausi scroscianti, e liberatori. Purtroppo il
poco autorevole parere ha avuto fortuna, tanto che mi è capitato
in più di un'occasione di sentirmi rispondere da qualche pseudo-amante
del cinema che la Corazzata l'aveva visto, ma non sino alla fine: sai
com'è, dice lui, è un vero mattone, troppo lungo. Pesante.
Naturalmente da queste affermazioni capisco subito che si tratta di una
posa, non autentica, disonesta. Difatti "La Corazzata Potëmkin"
- si tratta di un film incredibile, dove non ci si annoia affatto - dura
meno di un'ora.
Taluni ignorano, non pensano neppure lontanamente
quanto potesse costare la pellicola negli anni venti.
Oggi, però, i prodigi del marketing
riescono dove neppure le passioni più sfrenate, o i temibili cineforum
aziendali, erano mai arrivati: costringere milioni di giovani dal ventre
molle a stare seduti per un considerevole numero di ore sentendosi perdipiù
assolutamente fichi.
Sullo schermo una trilogia basata su alcuni voluminosi tomi scritti da
un professore di Filologia Romanza, oppure, e qui arriviamo al punto,
ai due capitoli di un'opera che invece di originare dal successo di un
testo scritto ha la pretesa di scimmiottarlo: "Kill Bill vol.1+vol.2"
di Quentin Tarantino.
Nella speranza che il sortilegio operi ancora,
e stavolta a ragion veduta, dirò subito che si tratta di una boiata
pazzesca. Ma io non sono Fantozzi, perciò è il caso provi
ad argomentare questo mio parere.
I 210 minuti usciti dalle 200 pagine di
sceneggiatura, tutti imperterriti a spiegarci quello che sappiamo già,
cioè che il cinema ha un tempo interno che è quello della
tragedia, vale a dire "morte al lavoro" secondo l'abusata citazione
da Cocteau, funzionano solo se accettiamo preventivamente il gioco. Niente
di male, ovvio, ma le sensazioni di spettatore (mai sottovalutare le appercezioni,
le sensazioni di esistenza che rompono la sospensione dell'incredulità)
mi parlano chiaro: nemmeno per un secondo, un solo secondo, ho "creduto"
a quello che vedevo. Stavo troppo concentrato a cogliere la citazione,
l'ennesima citazione della citazione della citazione che sta diventando
l'unica cifra stilistica di Tarantino. Potremmo scomodare il solito post-moderno,
ma in realtà è solo il tradimento dei chierici.
Non posso, non voglio negoziare la mia passione
culturale, è semplice: i neofiti trash, i compiaciuti neobarbari,
per quanto mi riguarda, non valgono un capello del classico, dell'"eccellente
perché difficile" (Spinoza). Non m'importa niente se c'è
gente che va in delirio perché l'establishment ha decretato la
fine della dicotomia alto/basso - in funzione perlopiù commerciale,
caramella rivestita di una falsa glassa sovversiva: per me resta di una
validità e chiarezza accecante il fatto che Chen Kaige, Ozu e Kurosawa
hanno fatto cinema mentre i film di kung-fu, chiunque li abbia fatti,
sono scemenze.
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Per
questa ragione mi riesce davvero difficile esaltarmi per un'operazione come
quella di "Kill Bill", un film che, a distanza di un paio di settimane,
ricordo a malapena; anzi ricordo una sola frase, che aveva tutta l'aria
di essere topica: quella in cui Carradine - dopo aver iniettato un siero
della verità alla sposa vendicativa Thurman - si esercita in un'imbarazzante
parallelo tra la Vita reale e i fumetti arrivando alla conclusione paradigmatica
che "Clark Kent è la critica all'Umanità di Superman".
Ho trattenuto a stento le risate. Ragazzi, va bene tutto, ma noi abbiamo
avuto Oreste del Buono e "Linus" e Umberto Eco col suo "Apocalittici
e integrati", che al supereroe dedicò un capitolo formidabile.
Se proprio devo spendere 15 euro
non c'è neanche da dubitare
un attimo.
La verità è che ci stiamo abituando
a bere di tutto. È la bulimia, non l'anoressia, il male del nostro
tempo. Mandiamo giù qualunque cosa, meglio se predigerita, e se qualche
ammuffito re-censore osa mettere in piedi una dieta/canone gli si scaglia
contro e con violenza l'inalienabile diritto, essenzialmente democratico,
di cibarsi di porcate. Non a caso la Nazione tanto vanitosa da pretendere
di esportare la sua propria democrazia è anche quella degli hamburger.
Obesità è consumo acritico che si fa carne. E ha bisogno di
una bocca larga, e di un grosso buco del culo.
Io, però, dell'ingoiare e farmelo mettere
nel sedere non ho particolare talento, né passione.
Per questo motivo ho accolto con una certa
tristezza nel cuore la visione del film di Tarantino, furbescamente diviso
in due parti per raccogliere un mucchio di denaro. Basti pensare che la
prima parte è così poco scritta e di appendice alla seconda
che Tarantino si è persino inventato un inserto manga (peraltro di
notevolissima fattura) di troppi minuti dove racconta in flash back il profilo
della giapponese "sandalo di
[ora non ricordo ma chissenefrega]"
prima di entrare con la prolungata sequenza del massacro ammozza-gambe e
braccia. "Kill Bill vol.1" è materiale dal quale avrebbe
potuto benissimo ricavare un buon veloce antefatto, un primo tempo serrato
da 60 minuti prima dell'ora abbondante del secondo tempo. Ne sarebbe uscito
un film di 130/140 minuti, ma, ahinoi!, i direttori commerciali della Produzione
avevano letto sull'ultimo manuale zen di Hollywood che così non si
fa: meglio tagliare oppure andar giù di sequel. |
Tarantino, indispettito per la maternità
vera della Thurman e indeciso perché poco abituato a queste dolorose
scelte di mercato, o almeno così vuole che si pensi di lui, è
rimasto a metà.
E ci ha proposto il primo "film e mezzo"
della storia del cinema.
Sia chiaro, il film e mezzo non è
esente da momenti pirotecnici, dove vien fuori il talento smisurato del
regista: se avessi avuto la metà degli anni che ho, cioè
14, sarei uscito dal cinema pensando solo a come comprarmi una katana.
Ripeto, non c'è nulla di male, ma il problema è che "Kill
Bill" non è stato girato da Tarantino: piuttosto dai suoi
fans. È esattamente il film che tutti si sarebbero aspettati
da lui, fin dai tempi delle "Iene". Una buona ragione perché
rinunciasse a farlo, dal mio punto di vista.
Che poi nessuno tra i giornalisti si sia
ricordato che "Kill Bill" è praticamente la trama, appena
sviluppata, della stramba puntata pilota "Forza Volpe 5" che
Mia racconta a Vincent Vega in "Pulp Fiction", è davvero
sconfortante. Mi sembra curioso che Tarantino abbia sviluppato un'idea
da una finta sceneggiatura-nella-sceneggiatura del suo film più
noto. Partiamo dall'assunto che là si raccontava che quella puntata
pilota "non è diventata niente" (Samuel L. Jackson).
Come a dire: "Io vi porterò due volte nei cinema a vedere
un fumettone di serie b da tivù via cavo e vi piacerà anche".
Perché mi chiamo Tarantino, e sono un genio. L'esito di questa
operazione, mi si perdoni il termine, paraculata è un film - intendo
"Kill Bill vol.2" ché il primo per me non esiste - in
cui mancano da morire gli incastri di "Pulp Fiction", il ritmo
scespiriano delle "Iene", lo strepitoso omaggio alla BlackXploitation
di "Jackie Brown", e di tutti e tre la capacità, indispensabile
per un regista che vuole citare, di "sdrammatizzare". Ho avuto
la brutta sensazione di essere stato catapultato in un Ur-Mondo dove gli
assassini sono davvero esseri di superiore intelligenza, il cui eventuale
ritiro è miserabile (vedi quello rintanato nella roulotte nel deserto,
buttafuori in un locale perennemente vuoto) o condannabile fisicamente,
sessualmente (la giapponesina che si fa la cheerleader pazza, l'altra
che perde l'unico occhio buono).
Si salva solo la maternità: la prima
vittima di Beatrix Kiddo muore ma il regista lascia simbolicamente alla
ammutolita figlia di sei anni il compito di vendicarsi in un lontano futuro
(oh mio Dio! "Kill Bill vol.3"?!?), e la protagonista stessa
completa la vendetta in un atmosfera da recita in famiglia.
Bella questa: ci mancava solo il pulp "neocoons".
Beh, caro Tarantino, parafrasando Woody
Allen (che è senz'altro più genio di te) quando dice "Vado
dallo psicanalista da 15 anni: gli do un altro anno, poi vado a Lourdes",
io ti do un altro film.
Poi mi compro una katana.
M. V.
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