genere: commedia/drammatico
regia: Luciano Ligabue
con: Massimo Bellinzoni, Pierfrancesco Favino, Elisabetta Cavallotti,
Stefano Pesce, Stefania Rivi, Fabrizia Sacchi, Stefano Venturi
distribuzione: Medusa Film
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Ogni volta che incrociamo un'opera di Luciano Ligabue a 360 gradi, ciò
che meraviglia di questo artista è che riesce sempre a stupirci
con una storia diversa.
Infatti, come succede con le sue canzoni, Ligabue ha un innato bisogno
di raccontare, e lo ha fatto sperimentando nuove soluzioni e nuovi ritmi
cinematografici. "Dazeroadieci" nasce in Super8 con una visuale
ristretta, per proseguire veloce, quasi di corsa, con sequenze ben definite,
fino ad arrivare a sorprenderci con un "musical", in un clima
di aspettativa e tensione.
Sullo sfondo c'è una "sua" storia, per nulla generalizzante,
né
generazionale: quattro amici, quattro vite diverse che corrono insieme,
ognuna verso un proprio obiettivo. A legarli è un'amicizia vera,
senza fronzoli, né peli sulla lingua, quasi scomoda. Ad essa gi
aggiunge il desiderio di recuperare le emozioni di un viaggio interrotto
vent'anni prima, per esorcizzare un tragico ricordo che li ha accompagnati
fin lì, forse nel tentativo di chiudere definitivamente quel periodo.
In una Rimini sfavillante ed eccessiva, ritrovano le rispettive compagne
d'avventura con le quali condividono ricordi e rimpianti, ma anche tante
speranze.
Giocando a ripercorrere le proprie esperienze, i personaggi assegnano
un voto ad ogni cosa vissuta, persa o conquistata, nel tentativo di semplificare
la vita in una pagella da riempire. Forse, proprio in questo riduzionismo
della complessità dell'esistenza, si trova la spiegazione di dialoghi
spesso volutamente banalizzati. Nello stesso tempo, la costruzione piuttosto
complessa di alcuni personaggi (vedi Libero; ottima l'interpretazione
di Massimo Bellinzoni) si perde dietro l'inconsistenza di altri (vedi
Giove). A dare spessore al film, il ricordo della strage di Bologna del
1980: un ricordo legato alle conseguenze che quell'avvenimento ha prodotto
sui personaggi.
In quelle scene dilatate, frammentate, c'è tutto lo spazio per
fermarsi
e interrogarsi sulla difficoltà di crescere, sulla fine di una
spensierata
gioventù, ma anche la presa di coscienza che l'uomo continua a
creare sogni.
In quelle battute c'è tutto Ligabue: rabbia e dolcezza, spregiudicatezza
e realismo, sfida e sogni.
Evidente è l'impronta del "rocker italiano" nell'uso
delle musiche,
nella scelta della colonna sonora ("Who", "Nile",
"Hooker", bella anche la sua "Questa è la mia vita")
ancora una volta indovinata, nelle inquadrature "hichcockiane"di
Stefano Accorsi e dello stesso Ligabue.
Luci ed ombre, amicizia ed amore, vita e morte si scontreranno dopo essersi
alternate a suon di musica, in un finale esagerato, ma che serve a ribadire
il filo conduttore, l'importanza stessa della vita. In tutto ciò
è evidente la crescita artistica del regista, ma anche una sana
dose d'ingenuità.
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